Vivi le TorricelleE' cominciato nella primavera del 2003 l’impegno dei volontari di Nuova Acropoli di Verona per rendere di nuovo vivibile l’area verde delle Torricelle e restituirla ai cittadini. La zona è compresa tra Borgo Trento e Castel San Felice, ed è attraversata dal percorso di San Zeno in Monte, che arriva all’Istituto Don Calabria, vicino a Porta Vescovo. <?xml:namespace prefix = o ns = "urn:schemas-microsoft-com:office:office" />

Malgrado in passato sia stata molto trascurata, l’area ha notevole importanza per la città: prima di tutto, la sua posizione sulle colline la rende un luogo molto suggestivo, da cui si gode un incantevole panorama sulla città. Inoltre, si trova a pochi passi dal centro storico, pur essendo molto ricca di vegetazione, un vero polmone verde per tutta la città scaligera. Per questo è molto frequentata sia dai turisti, che l’attraversano per scendere in centro dal campeggio che si trova immerso proprio in quest’area, sia da molti veronesi, che vi si recano per passeggiare con il cane o in bicicletta lungo i sentieri che l’attraversano, o semplicemente per allontanarsi in pochi minuti dalla confusione della città. Ma l’area gode anche d’interesse storico e culturale: vi si trovano, infatti, un tratto piuttosto lungo e ben conservato delle mura austriache, capolavoro architettonico ancora in ottime condizioni, nonostante lo stato di completo abbandono in cui giace da molto tempo.

Da due anni, quindi, i nostri volontari stanno cercando di migliorare lo stato dell’area. Il progetto di ripristino dei primi tornanti delle Torricelle nasce nel maggio <?xml:namespace prefix = st1 ns = "urn:schemas-microsoft-com:office:smarttags" />2002, in seguito alle segnalazioni dei cittadini e ad articoli apparsi sui giornali locali che descrivevano lo stato di abbandono e di forte degrado ambientale di questa zona. Successivamente, il progetto è stato allargato anche al percorso tra le mura di San Zeno in Monte.

La situazione che si presentava all’inizio dei lavori non era certo incoraggiante: la vegetazione, incolta per moltissimo tempo, ricopriva i sentieri e le scalette che salgono lungo i tornanti, i rovi stavano seriamente intaccando le fortificazioni, cartacce e rifiuti d’ogni genere erano sparsi dovunque, non mancavano neppure una buona quantità di siringhe, ad ulteriore dimostrazione del degrado in cui versava la zona.

I primi interventi, nel giugno dell’anno successivo, sono stati perciò finalizzati al recupero e alla pulizia della zona, con lo sfalcio dell’erba e con il taglio delle fronde e delle infestanti che intralciavano il passaggio, con la pulizia dei sentieri e delle scale, con la raccolta della spazzatura. Ora invece si sta provvedendo al mantenimento dei risultati raggiunti, tagliando periodicamente l’erba, potando le piante e ripulendo dalla sporcizia “dimenticata” dai passanti. Dove è necessario sono stati applicati dei tutori per proteggere le piante più piccole, con l’aiuto di un’esperta che ha anche tenuto alcune lezioni per spiegare ai volontari le esigenze di ogni tipo di pianta presente nell’area.

Dopo 30 interventi, con l’impiego complessivo di 183 volontari, per un totale di un migliaio di ore di lavoro, possiamo dire che l’area sta ricominciando a vivere e ad essere più frequentata. Ma il progetto non si ferma certamente qui: anche se la parte più impegnativa è stata eseguita nella prima fase, ora è importante continuare con costanza gli interventi, per mantenere i risultati raggiunti e per rendere sempre più vivibile l’area.  L’obiettivo, infatti, non è soltanto un recupero, ma una valorizzazione della zona, per restituirla ai cittadini e per riportarla ad essere un luogo in cui sia piacevole trascorrere del tempo, in serenità e in sicurezza.

STORIA DELLE FORTIFICAZIONI DI VERONA<?xml:namespace prefix = o ns = "urn:schemas-microsoft-com:office:office" />

 

Periodo francese

La definitiva sistemazione delle fortificazioni cittadine mostra l’inequivocabile impronta dell’architetto Michele Sammicheli. Rimasero, infatti, come lui le aveva strutturate fino al primo giugno del 1796, quando le truppe di Napoleone Bonaparte, pur essendo male armate e poco equipaggiate, s’impadronirono della città infrangendo l’imbelle neutralità veneziana.

In seguito, fino al 1814, Verona subì una serie d’interventi, sia per opera dei Francesi, sia per opera degli Austriaci, che si divisero il dominio della città per quel breve periodo: l’Adige era la linea di confine che separava i due imperi, dividendo la città in due.

Quando le milizie francesi dovettero lasciare agli Austriaci la parte della città che si trova alla sinistra dell’Adige, smantellarono completamente le mura rendendole inservibili. Vennero così diroccate le muraglie ai due lati di Castel San Felice e ne vennero demoliti i forti. Poi fu la volta dell’antico torrione di Castel San Pietro e della sottostante Valdonega, con le sue mura di cinta e le alte torri. Le mine francesi distrussero inoltre il superbo torrione che difendeva a sinistra del fiume il ponte di Cangrande II della fortezza Scaligera.

Ma anche quando i francesi si furono insediati nella parte destra della città, i lavori di smantellamento non cessarono, compromettendo molti dei bastioni veneti fatti costruire dal Sammicheli, come quello di Santo Spirito, di San Bernardino, di San Zeno, Barbarigo e Falier, completamente distrutti dalle mine francesi.

Nonostante l’arte fortificatoria europea del XVIII secolo avesse registrato cambiamenti così radicali da rendere superato l’intero sistema difensivo veronese, la distruzione delle mura aveva gettato nello sconforto l’intera città. Non solo per il senso di precarietà che l’azione demolitrice portava in sé, ma anche perché era evidente che le mine francesi non avevano colpito semplici strutture militari ormai sorpassate, ma avevano demolito le porte, le rondelle e i bastioni del Sammicheli, che erano opere di grande importanza e bellezza, la cui scomparsa feriva profondamente Verona. 

 

 

Periodo austriaco

Il 4 febbraio del 1814 le truppe austriache del generale Stefaneli entravano vittoriosamente in città, bene accolte da una popolazione stanca e delusa dai mutamenti portati dai giacobini.

Ritornati definitivamente a Verona, all’interno del regno Lombardo-Veneto e ben protetti dalla Santa Alleanza, gli Austriaci non pensarono subito a costruire nuove fortificazioni, poiché il nemico era stato totalmente debellato. Per circa quindici anni, quindi, si limitarono ad intervenire sulle precedenti fortificazioni con lavori di restauro e migliorie minime, dettate dal normale mantenimento di routine. Soltanto con la rivoluzione francese del 1830 e con i conseguenti risvegli liberali in tutta Europa, la corte di Vienna ritenne opportuno studiare un piano di rinnovamento per tutto il perimetro difensivo veronese, uscendo dall'antichissima cinta scaligero-sanmicheliana e costruendo una serie di grandi fortificazioni che cingessero anche la periferia.

Nel 1833 furono eliminati i bastioni sammicheliani non più utilizzabili, e cominciarono i lavori di ricostruzione dei bastioni di San Procolo, San Zeno, San Bernardino, Santo Spirito, dei Riformati e della SS. Trinità, terminati nel 1866. Ciò che li differenziava da quelli cinquecenteschi veneziani era la copertura in terra anche dalla parte esterna, ed il basso muro alla Carnot che li difendeva alla base. Questo tipo di muro ripiegava vicino al bastione stesso, dove vennero ricavati ampi passaggi nel fossato per permettere l’uscita dei reparti destinati ai contrattacchi. Il muro alla Carnot presentava nicchioni interni muniti di numerosissime feritoie, a volte in duplice fila, per attivare un fuoco di fucileria che sarebbe stato micidiale. Erano presenti anche delle “saponiere” (delle postazioni a casamatta in muratura che sporgevano dal muro) e degli “orecchioni” (raccordi arrotondati che univano tra loro le parti rettilinee della fortificazione) ai fianchi, per rispondere ad un eventuale attacco diretto. Il fossato veneziano, che dalla parte esterna era sostenuto da un muro, fu in quell’occasione notevolmente allargato, e fu creato un dolce pendio, sempre per permettere la facile uscita delle truppe destinate al contrattacco. All’interno di questi baluardi furono aggiunte delle poterne, cioè dei passaggi che servivano per il trasferimento e per eventuali sortite delle truppe.

Nello stesso periodo furono effettuati lavori di minori entità come la costruzione di una nuova porta fra l’antichissima Porta Fura e la scaligera Porta Catena, con annessa una casamatta. Nel 1854 Porta Nuova fu ampliata con l’aggiunta dei due fornici laterali, nei quali si cercò però di conservare le caratteristiche architettoniche della parte sammicheliana, in modo da ridurre al minimo le alterazioni.

 

I forti

Nel periodo iniziale della sistemazione delle fortificazioni secondo il progetto austriaco furono costruiti anche alcuni forti, prossimi alla cinta principale e usati per proteggere tratti di cinta esposti non difendibili in altro modo.

Il forte Scholl (detto poi “Gasometro”) si trovava immediatamente a sud del cimitero - nell’area occupata ora dalla nuova ala del cimitero stesso - e aveva lo scopo di saldare le cinte murarie ai due lati dell’Adige. Aveva la classica forma dei forti austriaci, con ridotto centrale a base circolare e due bastioni laterali.

Il forte Procolo, poco lontano dal bastione di San Procolo, è ancora visibile all’interno dell’attuale Caserma Martini, recentemente smilitarizzata. Possiede pianta quadrata, con quattro rondelle agli angoli, ed è molto interrato, sicché lo spalto che lo circonda lo nasconde quasi completamente.