Alluvione 9 Ottobre 2014

È successo di nuovo, genova accusa il colpo dell’ennesimo evento atmosferico che ha scatenato tutta la sua furia sulla città.

Il cuore del territorio genovese è attraversato dal fiume Bisagno, da monte a valle, ma sono tanti gli affluenti ed i rivi che autonomamente attraversano il sottosuolo riversandosi poi in mare: lo Sturla, il Veilino, il Torbella, il Fereggiano ed altri ancora.

Ma perché da qualche anno un temporale, anche se più intenso del solito, procura così tanti danni?

Le risposte, come accade sempre in circostanze del genere, sono molteplici e riguardano sia gli aspetti orografici del territorio, sia gli interventi di antropizzazione su di esso.

Molti fiumi genovesi sono imbrigliati, “tombati”, cioè non hanno più l’alveo sgombro per poter scorrere liberamente; alcuni sono bloccati dalle fondamenta dei palazzi, altri sono costretti a scorrere nel sottosuolo perché coperti dal cemento… succede così che il corso d’acqua “non respira più”, non ha spazio… con le conseguenze disastrose che sono sotto gli occhi di tutti.

Bisogna riconoscere che purtroppo la cultura della prevenzione non abita questo meraviglioso martoriato Paese, ma spesso i disastri sono causati da decisioni ed interventi consapevolmente scellerati.

E torniamo ai giorni scorsi… la città di Genova è stata colpita a macchia di leopardo: dopo l’esondazione del Bisagno che ha sparso nella zona centrale intorno alla stazione Brignole e nei quartieri di San Fruttuoso e della Foce, acqua torbida mischiata a fango, mentre a poche centinaia di metri, nelle zone vicine, nulla faceva pensare alla catastrofe successa.

I nostri volontari si sono distinti per il senso di abnegazione, per le innumerevoli ore impiegate a monitorare il livello del fiume, a spalare fango dalle centinaia di palazzi e dagli esercizi commerciali, ad aiutare a tirare fuori quel poco che si poteva salvare dei ricordi di una vita, degli attrezzi necessari alla propria attività economica.

Ma sappiamo che le braccia dei nostri volontari sono state solo uno degli strumenti messi a disposizione dei tanti cittadini genovesi, gli aspetti più importanti messi a disposizione della comunità sono stati sicuramente i gesti di attenzione, l’affettuosa vicinanza con chi era sgomento o disperato, il senso di comunità che hanno trasmesso quando a testa bassa, e nel fango fino alle ginocchia, spalavano e pulivano senza sosta, senza accusare fame o sete… E il ringraziamento più bello che si potesse ricevere è stato quello di una signora di una certa età che, aiutata a svuotare la cantina, dalle tante cose ormai ridotte ad ammasso di fango, ha detto ai nostri ragazzi:

        ”Io non so come ringraziarvi, non vi posso nemmeno offrire qualcosa, non ho più niente…”